Il cambiamento climatico
La narrativa corrente continua ad affermare che le cause del cambiamento climatico in atto siano da imputarsi alle attività umane, si parla cioè di cambiamento climatico antropogenico.
Con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale di ChatGPT, esploriamo qual è la posizione della scienza ufficiale e cerchiamo di fare chiarezza su questo tema.
Il cambiamento climatico esiste?
Innanzitutto ChatGPT dichiara che il cambiamento del clima è un fatto assodato:
“C’è un consenso scientifico abbastanza ampio sul fatto che il clima globale sta cambiando.”
Però “un consenso scientifico abbastanza ampio” non significa che questa sia una verità. Cosa dicono coloro i quali non sono d’accordo?
Nota: ChatGPT qui mostra chiaramente delle risposte “biased”, ovvero è stato addestrato ad attenersi alle opinioni “mainstream”, in particolare i due capisaldi sono che il cambiamento climatico esiste ed è colpa dell’Uomo. Punto. Infatti anche quando la domanda riguarda semplicemente il cambiamento climatico e non le sue cause, non perde occasione di infilare nelle risposte il concetto che sia indiscutibilmente di origine antropica. Chi non è d’accordo, per esempio, viene chiamato “negazionista”, un termine che non è affatto una “vox media” ma di solito ha un connotato vagamente dispregiativo. Per fargli sputare quello che dicono i non allineati bisogna porre domande specifiche, ovvero esso non presenta imparzialmente le varie opinioni. Spero che questo articolo, oltre ad informare sul tema del “clima impazzito” sia anche uno spunto di riflessione sul fatto che quello che dice una IA non è oro colato e va attentamente valutato.
Ecco la risposta :
“Chi nega l’esistenza o l’incidenza significativa del cambiamento climatico solleva diverse argomentazioni. Ecco alcune delle posizioni comuni sostenute dai negazionisti del cambiamento climatico:
- Variabilità naturale: Alcuni sostengono che le fluttuazioni climatiche siano un fenomeno naturale e che il cambiamento climatico osservato sia semplicemente il risultato di cicli naturali, come l’oscillazione naturale dell’attività solare o i cambiamenti ciclici delle correnti oceaniche.
- Dati limitati: Alcuni negazionisti del cambiamento climatico mettono in dubbio l’affidabilità dei dati climatici o sostengono che i dati disponibili siano insufficienti per trarre conclusioni definitive sul cambiamento climatico. Questa posizione si concentra spesso su incertezze nei modelli di previsione e su discrepanze tra diverse fonti di dati.
- Cause naturali: Alcuni negano che l’attività umana, come l’emissione di gas serra, sia la principale causa del cambiamento climatico. Invece, attribuiscono il cambiamento climatico a fattori naturali come eruzioni vulcaniche, variazioni nell’orbita terrestre o attività solare.
- Conflitti di interesse: Alcuni negazionisti del cambiamento climatico sostengono che la preoccupazione per il cambiamento climatico sia alimentata da interessi economici e politici. Questa posizione implica che i ricercatori, i governi e le organizzazioni internazionali abbiano un’agenda nascosta nell’affermare l’esistenza del cambiamento climatico.
È importante sottolineare che la stragrande maggioranza della comunità scientifica riconosce l’esistenza del cambiamento climatico e l’influenza significativa delle attività umane. L’opinione contraria, sebbene esistente, rappresenta una minoranza e non riflette il consenso scientifico generale. Le posizioni negazioniste del cambiamento climatico sono state ampiamente confutate e smentite dalla ricerca scientifica e dai rapporti dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).”
Ammettiamo quindi che il clima stia effettivamente cambiando. Sulle cause, come ho detto, ChatGPT ha pochi dubbi:
“Numerose evidenze scientifiche indicano che l’attività umana, in particolare le emissioni di gas serra derivanti dalla combustione di combustibili fossili e dalla deforestazione, sta causando un aumento delle temperature medie della Terra. Questo fenomeno è comunemente noto come riscaldamento globale o cambiamento climatico antropogenico. Gli effetti di questo cambiamento includono l’aumento delle temperature medie, gli eventi meteorologici estremi più frequenti, l’innalzamento del livello del mare e gli impatti sugli ecosistemi e sulle comunità umane.”
Per amor di discussione quindi, diamo per buona l’opinione che vi sia davvero un cambiamento del clima, cioè che non si tratti di variabilità naturale. A questo punto l’altro corno del dilemma è: c’entra davvero l’Uomo?
Ma è davvero colpa nostra?
Nel passato della Terra vi sono stati importanti cambiamenti del clima, che hanno stravolto gli ambienti e portato ad estinzioni di massa. Come possiamo quindi essere certi che il cambiamento in atto sia davvero una conseguenza delle attività umane?
“È corretto che nel passato della Terra ci sono stati cambiamenti climatici naturali, indipendenti dalle attività umane. Il clima del nostro pianeta è stato soggetto a variazioni nel corso di milioni di anni a causa di diversi fattori, come variazioni nell’orbita terrestre, attività vulcanica, cicli solari e cambiamenti nell’atmosfera. Questi cambiamenti naturali hanno avuto effetti significativi sul clima globale, portando a periodi di riscaldamento o raffreddamento.
Tuttavia, ciò che rende il cambiamento climatico attuale un’eccezione è la velocità con cui si sta verificando. Gli studi scientifici hanno dimostrato che l’attuale cambiamento climatico è senza precedenti negli ultimi millenni e che l’aumento delle temperature globali è in gran parte attribuibile all’attività umana.
Le emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane, come l’uso di combustibili fossili e la deforestazione, hanno alterato l’equilibrio naturale dell’atmosfera, contribuendo all’effetto serra e all’aumento delle temperature globali. Questa interferenza antropica nel sistema climatico è ciò che rende l’attuale cambiamento climatico così preoccupante e ha portato alla necessità di affrontare urgentemente il problema.”
In pratica è la rapidità con cui questo sta avvenendo a puntare il dito verso l’interferenza delle attività umane. Ma un momento: circa 39000 anni fa l’eruzione della caldera vulcanica dei Campi Flegrei ha causato una mini-glaciazione. In quell’immane evento il clima cambiò, almeno a livello regionale. C’è chi dice addirittura che fu la causa della (ancora non del tutto spiegata) estinzione dell’Uomo di Neanderthal. Cosa ci dice ChatGPT su questo?
Eruzioni vulcaniche e cambiamento del clima
“L’eruzione più rilevante della caldera dei Campi Flegrei, conosciuta come eruzione Campanian Ignimbrite, avvenne circa 39.000 anni fa durante il Pleistocene superiore. Questa eruzione fu una delle più grandi eruzioni vulcaniche degli ultimi 200.000 anni in termini di volume di materiale espulso. Si stima che siano stati rilasciati circa 150-200 chilometri cubi di materiale vulcanico, principalmente sotto forma di flussi piroclastici.
L’eruzione Campanian Ignimbrite ebbe un impatto significativo sul clima regionale e forse anche globale. La vasta quantità di cenere vulcanica e gas rilasciati nell’atmosfera avrebbe oscurato il sole, causando un abbassamento delle temperature a livello regionale per un periodo prolungato. Tuttavia, gli studi sulla relazione tra questa eruzione e l’estinzione dei Neanderthal sono ancora oggetto di dibattito tra gli scienziati.
Alcuni ricercatori suggeriscono che l’eruzione dei Campi Flegrei potrebbe aver influito sul declino dei Neanderthal, ma è difficile stabilire un collegamento diretto e univoco. Ci sono molteplici fattori che potrebbero aver contribuito all’estinzione dei Neanderthal, come i cambiamenti climatici, l’interazione con gli Homo sapiens e i fattori ecologici complessi. È probabile che l’eruzione abbia avuto un impatto significativo sull’ambiente circostante, ma l’esatta estensione del suo ruolo nell’estinzione dei Neanderthal richiede ulteriori ricerche e studi multidisciplinari.
È importante notare che gli studi sul passato geologico e climatico sono in continua evoluzione, e nuove scoperte e ricerche potrebbero fornire una comprensione più dettagliata dell’eruzione dei Campi Flegrei e dei suoi effetti sull’ambiente e sulle popolazioni umane del tempo.”
Tra parentesi, la caldera eruttò di nuovo circa 13000 anni fa, anche se l’evento fu meno imponente. I resti di queste eruzioni sono visibili in quanto hanno cambiato il paesaggio. Si tratta di strati geologici e rocce di affioramento causate sia dal magma sia dal deposito sul terreno di materiali piroclastici. Oltre alla Ignimbrite della prima eruzione, la seconda eruzione espulse il tufo giallo caratteristico della regione campana. Tra parentesi, la caldera è ancora attiva e se dovesse eruttare di nuovo potrebbe causare conseguenze catastrofiche, dato che nella zona vivono circa 700.000 persone e non esiste un piano di evacuazione. Però l’intensità delle eruzioni è andata attenuandosi nel tempo, l’ultima è avvenuta nel 1538 ma non è stata comparabile con gli immani eventi precedenti. Speriamo bene…
Tornando al fatto che le eruzioni vulcaniche possano essere imputati accettabili del rilascio di CO2 nell’atmosfera (e quindi del riscaldamento globale), abbiamo avuto un aumento significativo dell’attività vulcanica nell’ultimo mezzo secolo?
”L’attività vulcanica globale negli ultimi 50 anni è rimasta sostanzialmente nella norma e non ha mostrato un aumento significativo rispetto alla media storica.”
Pare proprio che i vulcani non c’entrino. Ma un attimo! Un altro gas serra, il metano, è diverse volte più efficiente della CO2 nel trattenere il calore, e quindi è molto più pericoloso per il riscaldamento globale. Una cosa che non tutti sanno è che sul fondale dei mari sono presenti enormi quantità di clatrati di metano, capaci di liberare in atmosfera un profluvio di metano da far impallidire le attività umane. Non è che c’entrano qualcosa?
I clatrati di metano: c’entrano loro?
“Sì, è corretto dire che i clatrati presenti sul fondo del mare contengono grandi quantità di metano. I clatrati di metano sono strutture di ghiaccio che si formano quando molecole di metano si intrappolano all’interno di una matrice di molecole di acqua in condizioni di temperature e pressioni elevate. Questi clatrati possono essere trovati in aree marine e permafrost nelle regioni polari.
I clatrati di metano sul fondo del mare contengono enormi quantità di metano, che è un potente gas serra. Si ritiene che le riserve di metano presenti nei clatrati sottomarini siano molto più abbondanti rispetto alle riserve di gas metano convenzionali.
Liberare grandi quantità di metano nell’atmosfera potrebbe avere implicazioni significative per il cambiamento climatico, poiché il metano è un gas a effetto serra molto più potente della CO2. Tuttavia, è importante notare che gli effetti di una possibile liberazione massiva di metano dai clatrati sottomarini sul clima globale sono ancora oggetto di dibattito scientifico e richiedono ulteriori studi e monitoraggio.”
Nemmeno i clatrati sembrano quindi tra i sospettati. E poi, come può liberarsi il metano in essi intrappolato?
“I clatrati di metano possono liberare metano nell’atmosfera quando le condizioni ambientali cambiano. Le principali circostanze che potrebbero causare la liberazione di metano dai clatrati sono:
- Aumento della temperatura dell’acqua: Quando la temperatura dell’acqua circostante aumenta, il calore può sciogliere i clatrati di metano, permettendo al metano di essere rilasciato nell’atmosfera.
- Cambiamenti nella pressione: Le variazioni nella pressione possono influenzare la stabilità dei clatrati di metano. Aumenti di pressione possono favorire la stabilità dei clatrati, mentre riduzioni di pressione possono causare la loro disgregazione e rilascio di metano.
- Movimenti del fondale marino: Terremoti o movimenti del fondale marino possono provocare la rottura dei depositi di clatrati, permettendo al metano di fuoriuscire nell’acqua e, potenzialmente, raggiungere l’atmosfera.
È importante notare che, nonostante l’esistenza di grandi quantità di clatrati di metano, la maggior parte di essi rimane stabile e non viene rilasciata nell’atmosfera. Le condizioni specifiche che possono innescare il rilascio di metano dai clatrati richiedono un’interazione complessa di fattori ambientali. La ricerca scientifica è in corso per comprendere meglio questi processi e valutare il potenziale impatto sul clima globale.”
Ma che c’entriamo noi?
A questo punto siamo abbastanza convinti (negazionisti a parte) che tutti i combustibili fossili che l’umanità ha bruciato negli ultimi 200 anni (petrolio, carbone, gas…) abbiano significativamente aumentato il livello dei gas ad effetto serra (principalmente CO2). Ma insomma, l’Italia è un piccolo paese ed il suo impatto è proprio così importante da giustificare un radicale cambiamento tecnologico ed industriale, ed il costante martellamento a cui siamo sottoposti, come se il cambiamento del clima globale dipendesse da 60 milioni di italiani (l’1% della popolazione mondiale)?
Naturalmente no, in un certo senso quello che avviene in Italia è piuttosto irrilevante. Ma troppo spesso la propaganda nazionale ci fa apparire come protagonisti dei destini del mondo, quando in effetti non contiamo (quasi) niente. Ma questa è un’altra storia.